Latte, crescono costi di produzione e prezzi al consumo

Necessario un nuovo equilibrio per garantire redditività alle imprese agricole e la tenuta dei consumi

Il latte manca ed il suo prezzo continua a salire. Sono aumentati enormemente i costi di produzione e gli allevatori hanno cercato di contenere i costi, ad esempio riducendo il mangime acquistato ed eliminando le vacche meno produttive e a fine carriera. L’effetto è la minore disponibilità di latte; la richiesta rimane alta e i prezzi salgono. Le quotazioni del latte spot sono ormai arrivate vicino ai 70 centesimi al litro, senza grosse distinzioni di provenienza: nazionale o estero.

Il Milk Market Observatory, l’osservatorio su latte e derivati della Unione europea, analizzando la situazione, segnala l’ingresso in una fase di una certa stabilizzazione dei mercati ma che prevede la collocazione dei prodotti dairy a livelli molto alti: sia le polveri che la materia grassa. Per contro si dovrebbe verificare una leggera contrazione dei costi per l’alimentazione animale, all’incirca un meno 1,5% rispetto ai picchi di questi ultimi mesi, mentre resterebbero sui livelli attuali i costi energetici.

Il Crea, l’istituto di ricerca del Ministero dell’agricoltura, in seguito ad una analisi basata sul rilevamento di dati aziendali della rete Rica e in base ai quali monitora la redditività delle imprese agricole, informa che gli effetti di questa fase potrebbero essere molto pericolosi per la zootecnia da latte del nostro paese: in queste condizioni rischia la chiusura un’azienda su quattro,  ben il 25%.

Latte prezzi, crescono costi di produzione e prezzi al consumo

Interessante l’approfondimento dell’analisi del Crea con cui fornisce dati completi e altrettanto preoccupanti. Sono state analizzate otto voci di costo: sementi e piantine, fertilizzanti, antiparassitari e diserbanti, mangimi, foraggi e lettimi, gasolio, energia elettrica e noleggi passivi. Voci che hanno causato un aumento dei costi di produzione del 111% nel primo semestre 2022 rispetto al 2020. In termini assoluti l’incremento medio a livello nazionale del loro costo per azienda è stato di 29.060 euro, valore che per gli allevamenti da latte sale a oltre 90.000 euro. Aumenti legati all’eccezionale rincaro, a livello medio aziendale, delle spese per l’energia elettrica (+ 35.000 euro), per l’acquisto di mangimi e foraggi (+ 34.000 euro) e dei carburanti (+ 6.000 euro).

Il report evidenzia anche gli incrementi di costo per aree geografiche: nell’Italia Nord Occidentale, in cui si colloca la Lombardia, si rileva il maggior incremento dei costi di produzione che arrivano a toccare i 138.000 euro per azienda.

Di fronte a questa precisa analisi del Crea, è lecito chiedersi cosa potrà succedere nell’ultimo trimestre dell’anno. Oggi il prezzo del latte è sui livelli più alti in assoluto, 57 centesimi al litro e a fine anno sarà a 60 centesimi. Ossia circa il 40% in più di un anno fa. Ma non tutti gli allevatori sono soddisfatti perché non sempre questi prezzi coprono l’aumento dei costi di produzione che hanno avuto incrementi ancora più elevati.  Dunque, le preoccupazioni permangono sia in vista della chiusura dei bilanci di quest’anno dall’esito incerto, sia per le prospettive future. Sulle quali incombe anche la riforma della Pac che entrerà in vigore a gennaio e che andrà a diminuire progressivamente i contributi previsti, nonché le modalità per accedervi.

Si profila una situazione di forte instabilità su cui potrà incidere in modo marcato l’andamento del mercato di latte e derivati e l’andamento dell’offerta e della domanda.  Sul lato offerta gli allevatori continuano a contenere i costi produzione, in Italia le macellazioni di vacche nel primo semestre 2022 sono aumentate di quasi il 12% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e analogamente nella Ue a 27 hanno avuto un incremento dell’1,2%.  Contestualmente cercano la massima autosufficienza alimentare nonostante la minore disponibilità di foraggi causata dalla siccità di questa annata e la minore produzione di fieno e mais da insilare.

E poi di fronte alla crisi emergente ci si domanda come reagiranno i consumatori nei confronti di una inflazione crescente ed una diminuzione del loro potere di acquisto e sui quali inevitabilmente verrà riversata almeno una quota parte dell’aumento dei costi che ha toccato anche l’industria di trasformazione e di distribuzione.  Tutto ciò porterà ad una contrazione dei consumi?

Insomma, il settore dovrà trovare un nuovo equilibrio, ma presumibilmente non sarà il solo.

Ildebrando Bonacini

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